Pubblicato il 17/04/2025 08:56 da Nihal_Llanowar
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Il Re scende tra il popolo e parla di una nuova speranza. Il cantiere di Galethel diventa palco e giuramento della promessa di un nuovo, migliore, futuro.
Nel cantiere navale di Galethel, il Re Ennon pronuncia un discorso solenne dinanzi al popolo e ai dignitari. L’Arca in costruzione diventa simbolo di rinascita. Presente un’imponente scorta, la sicurezza è affidata a Fulgor e Atos. La storia di Alterego, su Giocodiruolo.org, si arricchisce di una nuova tappa e nuovi obiettivi che uniranno la popolazione tutta, accompagnando i lavori e i progetti dei mesi a venire.
Punti salienti dell'episodio:
Arrivo del Re al cantiere di Galethel​
Discorso ispiratore di Sire Ennon​
Presenza di figure chiave e rafforzamento della sicurezza
Al tramonto, il Cantiere Navale di Galethel si trasforma. Dove fino a poco prima risuonavano martelli e ferri battuti, cala all’improvviso un silenzio carico di attesa. La notizia si è diffusa come una fiamma tra le travi e le impalcature: il Re è giunto.
Le mani si fermano, gli occhi si alzano. Tra le ombre allungate della sera, Sire Ennon avanza con passo deciso. Alto, imponente, i capelli d’argento mossi dal vento del porto. Attorno a lui, i Cavalieri Reali aprono la strada, ma è la sua figura a catturare ogni sguardo. Nessuna veste regale, nessuna corona. Solo presenza. Solida. Innegabile.
Al suo fianco, il Cancelliere Doson Ironshield McRay e il Cavaliere Fulgor coordinano la sicurezza. Poco più indietro, fra la folla ordinata, si distinguono i volti della città: la Suprema Inquisitrice Soraya, avvolta nel silenzio della sua veste cremisi; il Mastro Artigiano Eothéod, con le mani ancora sporche di pece; la Custode degli Arcani, Deacastalia, i cui occhi sembrano scrutare oltre la realtà. Perfino Vincent, enigmatico osservatore, è lì. Nessuno l’ha notato arrivare, ma tutti sentono che c’è.
Il Re si ferma davanti all’Arca, ancora incompleta ma già maestosa. La osserva a lungo, come se leggesse nelle sue linee il futuro del regno. Poi si volta verso il popolo.
«Oggi,» dice con voce ferma, «non siete solo sudditi. Siete artefici. Costruttori del destino. Questa non è una nave, è una promessa scolpita nel tempo.»
Le sue parole fendono l’aria come lame d’argento. Risuonano nei cuori stanchi, e trovano eco. Alcuni rispondono con applausi, altri con giuramenti. Anche la piccola Iridia, fatina del focolare, si lancia in un abbraccio che il Re accoglie con un sorriso appena accennato, ma sincero.
Intanto, la sicurezza resta vigile. Atos, il giovane della Guardia, filtra ingressi e suppliche. Tra queste, quella di Ashasa, che ha portato due elefanti da soma, utili per il trasporto delle travi principali. Il mezz’elfo Talos, col fiato sospeso, osserva il Sovrano come si guarda non un uomo, ma un simbolo.
Dopo aver parlato, Ennon non aggiunge altro. Si volta. Cammina di nuovo verso il Palazzo. Le sue parole restano, come cenere calda che cova tra i cuori. Doson si defila, affidando la protezione del Re a Fulgor, che guida la scorta tra la folla con uno sguardo d’acciaio.
La notte, infine, cala sul porto. Ma nel silenzio che ritorna, c’è qualcosa di nuovo. Un fuoco. Non nei bracieri, ma nel cuore di ognuno. Perché quella sera, con un discorso scolpito come un’incudine, il Re ha forgiato speranza.