Due orchi guidati dall'elfa oscura attaccano la Bettola
La sera alla Bettola di Nyshka scorre inizialmente come tante altre, con il fragore tipico del luogo. L’ingresso non è che una tenda di pelle che oscilla pigra, e dentro le torce e le lampade a olio gettano ombre spezzate sulle pareti annerite. I tavoli sono pieni di avventori, marinai, mercenari, viaggiatori: tutti bevono, urlano, barattano e cantano, la sala ribolle di vita e di disordine. L’aria sa di carne arrostita, birra amara e fumo, e il brusio costante si trasforma in una musica grezza, primordiale.
In fondo alla sala, Fulgor e Tabata sono seduti a un tavolo appartato. Lui, con lo sguardo vigile e le braccia incrociate, osserva il flusso della taverna, mentre lei, calma e silenziosa, sorseggia un distillato che riflette i bagliori tremolanti. Il loro silenzio si oppone alla baraonda, un’isola quieta nel mare in tempesta. Nyshka, la padrona mezz’orca, sovrasta il locale con la sua presenza selvaggia, seduta come un totem vivente a controllare gli osti e a pesare monete. Quando la tenda si apre per lasciar passare Alain e, poco dopo, Elebereth, la sala pare quasi trattenere il respiro, ma è solo un istante: subito dopo, il fiume di rumori inghiotte tutto. Atos, Capitano delle guardie, si piazza al bancone, saldo e inflessibile, un bastione tra caos e legge.
Un fremito improvviso, però, spezza la normalità. Le torce tremano, le lampade vacillano, l’aria vibra come scossa da un respiro invisibile. Per alcuni secondi il brusio si abbassa, le voci si spengono, gli occhi si cercano inquieti. Poi tutto torna come prima: risate, insulti, brindisi.
Due elfi, in un angolo, si scambiano un’occhiata e decidono di andarsene. Non ne avranno il tempo. Prima che possano varcare la soglia, due lame grezze e ruvide spuntano dalla loro schiena. Gli orchi entrano così: non con un passo, ma con un massacro. Spingono via i cadaveri come scarti e li scaraventano all’interno, dritti verso Alain ed Elebereth. La Bettola esplode nel panico. Tavoli rovesciati, sedie che cadono, avventori che urlano e cercano scampo.
Fulgor si muove rapido: con due colpi netti recide le arterie femorali del colosso che punta verso la folla. Il sangue schizza copioso, il gigante crolla a terra con un tonfo sordo, e la massa terrorizzata si ferma un istante, pietrificata dallo spettacolo. Tabata osserva, lama alla mano, pronta a colpire se necessario. Alain affronta l’altro orco, ma è Elebereth a colpire per prima: la sua freccia sibilante trafigge il collo del mostro. Non basta a fermarlo. L’orco barcolla, la furia cieca lo spinge in avanti, e travolge Alain, ferendolo di striscio alla spalla con la spada ricurva prima di crollargli addosso. Il capo delle Lanterne Rosse resta intrappolato sotto la mole del cadavere, e solo con la forza disperata riesce a liberarsi, mentre Elebereth scende dal tavolo e lo aiuta a scrollarsi di dosso quel peso.
Nyshka, all’esterno, percepisce la vera minaccia: una voce femminile che la raggiunge, un veleno che conosce. Sul bagnasciuga, alla luce della luna, un’ombra femminile con i capelli rossi si staglia come presagio. È lei, la burattinaia. La sua risata esplode nelle teste di tutti: non aria, non suono, ma lama mentale che squarcia i pensieri. Fulgor stringe le tempie, Tabata serra i denti, Alain si piega in ginocchio ringhiando, Atos si afferra al capo nel tentativo disperato di resistere. Avventori crollano sulla sabbia, rotolandosi e urlando, le mani serrate sul cranio. Solo Elebereth rimane intatta: i suoi occhi verdi restano limpidi, nessuna risata la raggiunge, nessun dolore la piega.
Alla mezz’orca, però, arriva un sussurro diverso, intimo, velenoso: «Non esiste una morte degna per gli orchi.» La frase incide, come un marchio. Poi il riso riprende, più sommesso, ma implacabile.
E infine il colpo. La sabbia si solleva come una lama titanica, un’onda di granelli che si trasforma in spada, corre dal mare verso la Bettola e la colpisce. L’urto non abbatte le mura, ma l’interno viene devastato. Tavoli scagliati contro i muri, botti esplose, fiamme spente. Chi è dentro viene sbattuto a terra, chi è fuori viene travolto e scaraventato nella sabbia. Gli edifici vicini subiscono il contraccolpo: finestre in frantumi, tetti piegati, porte schiantate.
Poi cala il silenzio. Un silenzio irreale, innaturale, come se il mondo avesse trattenuto il fiato. Gli avventori fuggono nella notte, alcuni rialzandosi barcollanti, altri piegati dal dolore della risata che li ha marchiati. Lontano dalla spiaggia, gridano e corrono, senza voltarsi.
Dentro, tutto è buio: le torce spente, la sala immersa nella notte viva. I sopravvissuti tastano il pavimento, rialzandosi tra macerie e polvere. Fuori, sulla sabbia, resta un solco netto che dal bagnasciuga conduce dritto alla Bettola, cicatrice incisa nella terra.
Nelle loro teste, tutti, tranne Elebereth, portano l’eco di quella risata femminile. Non esplode più, non lacera più, ma resta. È sottile, costante, insinuante. Un compagno silenzioso che li accompagnerà fino all’alba.
La Bettola non è caduta, ma è segnata.
PUNTEGGI
Fulgor: 3 punti exp (per aver ucciso l'orco); -20 energia (per aver affrontato l'orco); -20 mente (per l'urlo)
Tabata: 2 punti exp; -20 mente (per l'urlo)
Nyshka: 2 punti exp; -20 mente (per l'urlo)
Alain: 2 punti exp; -20 salute (per ferita al braccio destro); -20 energia (per aver affrontato l'orco; -20 mente (per l'urlo)
Elebereth: 2 punti exp;
Atos: 2 punti exp; -20 mente (per l'urlo)